IMPOSTE SUI REDDITI, IRAP ED IVA

Premessa
Dal punto di vista fiscale, il tema degli omaggi si presenta come una problematica molto articolata sia ai fini delle imposte dirette che di quelle indirette.
La presente Informativa esamina la disciplina degli oneri sostenuti per omaggi ai fini delle imposte sui redditi, tenendo conto del regime delle spese di rappresentanza (Applicabile dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2007 (2008, per i soggetti “solari”, ovvero 2008/2009 per i soggetti “non solari”), deducibili dal reddito di impresa nel­l’ eser­cizio di sostenimento ove rispettino i requisiti di congruità e inerenza stabiliti con il DM 19.11.2008  (Pubblicato sulla G.U. 15.1.2009 n. 11) attuativo dell’art. 108 co. 2 del TUIR.
Ai fini IVA, invece, si procederà ad analizzare il regime di imponibilità e di detraibilità dell’imposta afferente alle cessioni gratuite di beni distinguendo tra:
–        beni rientranti nell’attività propria d’impresa;
–        beni non rientranti nell’attività propria d’impresa.
Infine, un apposito paragrafo è dedicato all’analisi della disciplina fiscale dei c.d. “buoni acquisto” (voucher).
2 imposte sui redditi e IRAP
Ai fini delle imposte sui redditi, i costi sostenuti per l’acquisto o la produzione di un bene ceduto gratuitamente possono rappresentare componenti negativi di reddito di diversa natura, a seconda dello scopo o del destinatario del bene.
La normativa riguardante le imposte sui redditi non prevede una definizione espressa di omaggio. In linea generale, la dottrina prevalente identifica come “omaggi” quei beni ceduti da un soggetto senza la richie­sta del relativo prezzo o di alcuna contropartita.
Sconti merce, premi e omaggi
Dal punto di vista fiscale, i premi e gli sconti non sono assimilabili agli omaggi.
Gli sconti rappresentano un riconoscimento gratuito al cliente attuato attraverso la cessione di un bene o, meglio, di una quantità aggiuntiva di un certo bene prodotto o commercializzato dall’impresa venditrice, in rapporto a determinati comportamenti di acquisto. La C.M. 3.8.79 n. 25 chiarisce, in proposito, che le cessioni a titolo di sconto, premio e abbuono non possono essere considerate propriamente gratuite, giacché le operazioni gratuite non possono essere considerate tali se sono conseguenti ad un determinato comportamento di acquisto. Anche la circ. Assonime 9.4.2009 n. 16 (§ 1.1) ha affermato che, nelle vendite promozionali del tipo “tre al prezzo di uno”, il corrispettivo per la fornitura deve ritenersi comprensivo degli omaggi collegati.
Infatti, come si può rilevare dai comportamenti posti in essere nelle transazioni commerciali, i premi e gli sconti risultano sempre collegati ad un accordo contrattuale (anche di tipo verbale) legato all’attività di acquisto da parte del cliente.
In conclusione, gli sconti e i premi non possono essere assimilati agli omaggi, in quanto la principale pecu­liarità degli omaggi consiste nell’atto di liberalità posto in essere spontaneamente dall’impresa, atto che si presenta del tutto indipendente dai comportamenti attuati da soggetti terzi.
2.1 Soggetti esercenti attività di impresa
L’onere sostenuto per un omaggio può assumere per l’impresa di diversa natura reddituale a seconda che il bene venga ceduto:
–        ai clienti;
–        ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati.
2.1.1 Omaggi ai clienti
In linea generale, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti rientrano tra le c.d. “spese di rap­presentanza”.
Nozione di spese di rappresentanza
Per identificare la nozione di spesa di rappresentanza occorre fare riferimento al DM 19.11.2008, attuativo dell’art. 108 co. 2 del TUIR. Il citato provvedimento, infatti, definisce “di rappresentanza” le spese sostenute per effettuare erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi.
Pertanto, sulla base di tale nuova disciplina, devono ritenersi rientranti tra le spese di rappresentanza anche quelle sostenute per la distribuzione gratuita di gadget (es. calendari, agende, penne, ecc.) che in precedenza, al ricorrere di determinate condizioni, potevano essere ricondotte tra le spese di pubblicità.
Deducibilità dal reddito degli omaggi a scopi di rappresentanza
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1 co. 33 lett. p) della L. 24.12.2007 n. 244 (Finanziaria 2008) all’art. 108 co. 2 del TUIR, gli omaggi sono deducibili:
–        interamente, se di valore unitario non superiore a 50,00 euro;
–    nell’esercizio di sostenimento nel rispetto dei requisiti di congruità e inerenza, se il valore unitario supera 50,00 euro.
Tali disposizioni decorrono a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2007 (2008, per i soggetti “solari”, ovvero 2008/2009 per i soggetti “non solari”). Si ricorda che, fino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2007 (2007, per i soggetti “solari”, ovvero 2007/2008 per i soggetti “non solari”), gli omaggi rientranti tra le spese di rappresentanza erano deducibili:
–                  interamente, se il valore unitario dei beni in omaggio destinati ad uno stesso soggetto non superava 25,82 euro;
–                    solo per un terzo, ripartito in quote costanti per cinque esercizi, se il valore del bene superava 25,82 euro.
La circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34 (§ 5.4) ha chiarito che la deducibilità integrale dei “piccoli omaggi” non è applicabile alle spese relative a servizi. Pertanto, le spese sostenute per prestazioni gratuite di servizi, o titoli rappresentativi delle stesse quali tessere per il cinema o il centro benessere, sono sempre deducibili secondo i criteri previsti dal DM 19.11.2008, a prescindere dal loro valore.
Tanto premesso, al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare riferi-mento:
–        al regalo nel suo complesso (es. cesto natalizio), e non ai singoli beni che lo compongono;
–    al costo d’acquisto o di produzione del bene (e non al valore normale), comprensivo degli one­ri accessori di diretta imputazione (IVA inde­traibile, costi di trasporto, ecc.).
Qualora si considerasse rilevante il valore normale, in presenza di beni autoprodotti ceduti gratuitamente, l’impresa non potrebbe fruire della deduzione integrale qualora il costo di produzione di tali beni sia effettivamente inferiore a 50,00 euro, ma il prezzo di listino degli stessi sia superiore a tale limite.
In particolare, considerato che l’IVA è indetraibile per gli omaggi aventi valore unitario superiore a 25,82 euro, a ben vedere la spesa sostenuta per l’acquisto di tali beni è integralmente deducibile soltanto ove l’imponibile IVA sia pari a:
–        48,08 euro, se l’aliquota IVA è pari al 4%;
–        45,45 euro, se l’aliquota IVA è pari al 10%;
–        41,67 euro, se l’aliquota IVA è pari al 20%;
–        41,32 euro, se l’aliquota IVA è pari al 21%.
Ove l’omaggio abbia valore unitario superiore a 50,00 euro, le spese “inerenti” sostenute per il suo acquisto possono essere dedotte interamente nell’esercizio di competenza nel rispetto dei seguenti limiti di congruità:
–        1,3% dei ricavi e proventi della gestione caratteristica risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al medesimo periodo, fino a 10 milioni di euro;
–        0,5% dei suddetti ricavi e proventi, per la parte compresa tra 10 e 50 milioni di euro;
–        0,1% dei suddetti ricavi e proventi, per la parte eccedente 50 milioni di euro.
Tali limiti si applicano secondo una logica a scaglioni.
Inerenza
Il DM 19.11.2008 disciplina il requisito dell’inerenza e richiede che le spese di rappresentanza, per essere deducibili dal reddito d’impresa, siano:
–        effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e
–        sostenute secondo criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzial­mente, benefici economici per l’impresa ovvero secondo coerenza con le pratiche commerciali di settore.
Come sopra indicato, il soddisfacimento di tali requisiti non è richiesto per dedurre i costi d’acquisto degli omaggi di valore unitario non superiore a 50,00 euro.
2.1.2 Omaggi ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati
Gli omaggi ai dipendenti presentano una propria disciplina specifica, indipendente dalla loro funzione di rappresentanza o pubblicità per l’impresa che li distribuisce.
La disciplina in esame è applicabile anche ai titolari di altri rapporti di lavoro i cui redditi siano fiscal­mente assimilati al lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50 del TUIR, in particolare i collaboratori coor­dinati e continuativi.
–    In linea generale, il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di beni da destinare in omaggio ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi) è deducibile dal reddito d’impresa secondo le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro di cui all’art. 95 co. 1 del TUIR. La ris. Agenzia delle Entrate 21.3.2002 n. 95 ha infatti chiarito che:
–    la deducibilità dei costi relativi ai titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente deve essere in generale am­messa in presenza del requisito di “inerenza”, richiesto dall’art. 109 co. 5 del TUIR;
–    “le limitazioni alla deducibilità previste in relazione a taluni emolumenti, individuati specificamente dal TUIR, corrisposti ai dipendenti, devono, in linea di massima, ritenersi operanti anche nelle ipotesi in cui i medesimi emolumenti siano corrisposti a percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente”.
Il suddetto art. 95 considera deducibili dal reddito le spese sostenute a titolo di liberalità a favore dei lavoratori dipendenti (e assimilati), purché queste non abbiano finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Tale esclusione è motivata da quanto disposto dall’art. 100 co. 1 del TUIR, che considera le spese sopraelencate deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare non su­pe­riore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
Inclusione nel reddito di lavoro dipendente o assimilato – Condizioni
Il disposto generale dell’art. 51 co. 1 del TUIR prevede l’assorbimento da parte del reddito di lavoro dipendente di quei “valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
Tali regole si applicano anche con riferimento ai titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 del TUIR, per effetto del rinvio operato dal successivo art. 52.
Le erogazioni liberali concesse ai dipendenti (e soggetti assimilati) sono, in linea generale, assoggettate a tassazione. Ai sensi dell’abrogata lett. b) dell’art. 51 co. 2 del TUIR, infatti, non concorrevano a for­mare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni che costituivano erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti (o soggetti assimilati), nel limite di 258,23 euro per periodo d’imposta.
La circ. Agenzia delle Entrate 22.10.2008 n. 59 (§ 16) ha chiarito che gli omaggi ricevuti dai dipendenti (e soggetti assimilati) possono ancora non concorrere alla formazione del reddito qualora non superino, insieme all’ammontare degli altri fringe benefit, il limite previsto dall’art. 51 co. 3 del TUIR.
Limite di non concorrenza al reddito per le cessioni gratuite di beni e altri fringe benefit
Ai sensi dell’art. 51 co. 3 del TUIR, non concorre a formare il reddito del dipendente (o soggetto assi­milato) il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati gratuitamente se complessivamente di importo non superiore a 258,23 euro per periodo d’imposta. Se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente alla formazione del reddito.
La C.M. 23.12.97 n. 326/E (§ 2.3.1) ha precisato che il summenzionato limite di esenzione va determinato considerando anche il valore complessivo di tutti i fringe benefits disciplinati dall’art. 51 co. 4 del TUIR, concessi al lavoratore nel periodo d’imposta.
2.1.3 Contribuenti minimi
Per i contribuenti che determinano il reddito secondo il regime dei minimi, ai sensi dell’art. 1 co. 96 – 117 della L. 24.12.2007 n. 244 (Finanziaria 2008) e del DM 2.1.2008 la circ. Agenzia delle En­trate 13.7.2009 n. 34 (§ 9) ha precisato che le spese per omaggi possono essere dedotte integralmente  soltanto se di valore pari o inferiore a 50,00 euro (in base al principio di cassa proprio del regime in esame), a condizione che l’inerenza all’attività d’impresa sia dimostrabile sulla base di criteri oggettivi.
Per gli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro, invece, si applica il trattamento previsto per le altre spese di rappresentanza e, quindi, sempre secondo la suddetta circ. 34/2009, la deducibilità sulla base delle regole proprie del DM 19.11.2008.
A fondamento della propria tesi, l’Agenzia delle Entrate richiama la precedente circ. 28.1.2008 n. 7 (§ 5.1), la quale peraltro aveva sostenuto la piena deducibilità delle spese per omaggi (purché inerenti), a prescindere dal valore unitario degli stessi. La posizione fatta propria dalla circ. 34/2009 sembra inoltre contrastare con uno dei principi cardine che presiedono alla determinazione del reddito dei contribuenti che si avvalgono del regime in esame, vale a dire l’inapplicabilità delle norme del TUIR che prevedono specifiche limitazioni alla deducibilità di determinati costi , come spese telefoniche o spese relative ad autovetture.
2.1.4 Disciplina ai fini IRAP
Omaggi ai clienti
Con riguardo alla determinazione della base imponibile IRAP per i soggetti IRES e per i soggetti IRPEF che hanno optato per il regime di determinazione della base imponibile in base al bilancio in seguito all’abro­gazione dell’art. 11-bis del DLgs. 15.12.97 n. 446, le spese per omaggi sono deducibili per l’importo stanziato a Conto economico.
Per i soggetti IRPEF che no hanno optato per la determinazione del valore della produzione netta in base al bilancio, invece, gli oneri diversi di gestione, tra cui sono classificati gli omaggi, non sono compresi tra i costi deducibili previsti dall’art. 5-bis del DLgs. 446/97. Di conseguenza, per gli impren­ditori individuali e le società di persone gli omaggi non sono deducibili ai fini IRAP.
Si segnala peraltro che le istruzioni ai modelli di dichiarazione IRAP limitano la previsione di indeducibilità agli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro (rientranti tra le spese di rappre­sentanza).
Omaggi ai dipendenti e ai soggetti assimilati
Per quanto riguarda i soggetti IRES, diversi da quelli esercenti attività bancaria, finanziaria e assicurativa, l’art. 5 co. 1 e 3 del DLgs. 446/97 prevede l’indeducibilità dei costi relativi al personale, anche se contabilizzati in Conto economico in voci diverse dalla B.9 (spese per il personale).
Il precedente art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 sembrava escludere in ogni caso la deducibilità dall’im­ponibile IRAP degli omaggi ai dipendenti (e collaboratori coordinati e continuativi). Infatti, secondo la norma gli omaggi risultavano indeducibili:
–        se contabilizzati tra le spese per il personale quando distribuiti in relazione al rapporto di lavoro;
–        se classificati tra gli oneri diversi di gestione.

Ai sensi dell’abrogato art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 erano comunque deducibili “le somme erogate a terzi per l’acquisizione di beni e di servizi destinati alla generalità o a categorie dei dipendenti e dei collaboratori”.
La circ. Agenzia delle Entrate 26.5.2009 n. 27 (§ 1.4) ha precisato che l’abrogazione dell’art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 riveste carattere esclusivamente formale, posto che la regola enunciata dalla norma soppressa si desume comunque dalla disciplina dell’IRAP, ove sono resi indeducibili, in capo al soggetto passivo, quei costi che non rappresentano, ai fini del tributo, componenti positive imponibili per il soggetto percettore.
Di conseguenza, gli omaggi destinati ai dipendenti o collaboratori sembrerebbero:
–        deducibili ove siano funzionali all’attività d’impresa, non assumendo natura retributiva per il di­pen­dente (o collaboratore);
–        indeducibili se considerati tra le spese per il personale dipendente, in quanto assumenti natura re­tri­butiva per il dipendente (o collaboratore).
Per i soggetti IRPEF che non hanno optato per la determinazione della base imponibile in base al bilan­cio, invece, gli omaggi ai dipendenti (o collaboratori) sono indeducibili ai fini IRAP, posto che i relativi costi d’acquisto non sono menzionati tra quelli deducibili ex art. 5-bis del DLgs. 446/97.
2.2 esercenti arti e professioni
La cessione gratuita di beni non strumentali non costituisce reddito per il professionista. Infatti, l’art. 54 del TUIR non contiene una disposizione espressa in merito, diversamente da quanto previsto per gli eser­centi attività d’impresa.
2.2.1 Omaggi ai clienti del professionista
Ai sensi dell’art. 54 co. 5 del TUIR, il costo dei beni oggetto di cessione gratuita od omaggio alla clientela è deducibile dal reddito del professionista, a titolo di spesa di rappresentanza, nel limite dell’1% dei com­pensi percepiti nel periodo d’imposta.
Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, la nozione di spese di rappresentanza di cui al DM 19.11.2008 rileva anche ai fini del reddito di lavoro autonomo; di conseguenza, anche in tal caso deve essere rispettato il requisito dell’inerenza.
2.2.2 Omaggi ai dipendenti e ai collaboratori del professionista
Per i professionisti, il costo sostenuto per l’acquisto di beni dati in omaggio ai propri dipendenti non è specificamente disciplinato dal TUIR.
Sul punto, la tesi prevalente considera il costo di tali omaggi deducibile a norma dell’art. 54 co. 1 del TUIR (ovvero, in misura integrale). Tale previsione, infatti, avrebbe una portata del tutto analoga a quella dell’art. 95 dello stesso TUIR, che include le spese effettuate a titolo di liberalità verso i dipendenti tra le spese per prestazioni di lavoro.
Tale impostazione sembra peraltro avallata dal DM 19.11.2008, secondo il quale la finalità promozionale o di pubbliche relazioni esclude che possano qualificarsi come spese di rappresentanza le erogazioni gra­tuite a beneficio di soci, dipendenti o collaboratori.
Le medesime disposizioni sembrerebbero applicabili anche ai collaboratori coordinati e continuativi.
2.2.3 Contribuenti minimi
Per i contribuenti che determinano il reddito secondo il regime dei minimi, la circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34 (§ 9) ha precisato che le spese per omaggi possono essere dedotte integralmente soltanto se di valore pari o inferiore a 50,00 euro (in base al principio di cassa proprio del regime in esame), a condizione che l’inerenza sia dimostrabile sulla base di criteri oggettivi.
Per gli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro, si applica il trattamento previsto per le altre spe­se di rappresentanza e, quindi, sempre secondo la circ. 34/2009, la deducibilità nel limite del plafond dell’1% del reddito di lavoro autonomo professionale.
2.2.4 Disciplina ai fini IRAP
Ai sensi dell’art. 8 co. 1 del DLgs. 15.12.97 n. 446, sono indeducibili ai fini IRAP i costi sostenuti dal pro­fes­sionista per le spese di lavoro dipendente e assimilato.
In linea generale, quindi, le spese per omaggi sembrerebbero indeducibili, considerata la loro inclusione tra i costi per il lavoro dipendente e assimilato, salvo che gli omaggi risultino funzionali all’attività di lavo­ro autonomo e non assumano natura retributiva per il dipendente o collaboratore.
3 iva
Il regime IVA dei beni ceduti a titolo di omaggio si differenzia a seconda della “origine” del bene ceduto gratuitamente.
Le cessioni gratuite di beni seguono la disciplina generale dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 26.10.72 n. 633, il quale le considera “assimilate” alle cessioni “in senso stretto” e come tali imponibili IVA; di conseguenza, l’IVA a monte è detraibile.
Tuttavia, lo stesso art. 2 co. 2 n. 4 individua un’eccezione alla regola generale di imponibilità degli omaggi, considerando fuori campo IVA i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa, a prescindere dal costo unitario degli stessi (superiore, pari o inferiore a 25,82 euro). Per tali omaggi, l’IVA a monte può essere detratta a condizione che il costo unitario dei beni non sia superiore a 25,82 euro.
Ai fini della detrazione dell’IVA, quindi, rileva, innanzi tutto, quella che viene definita “attività propria dell’impresa”.
La nozione di “attività propria” dell’impresa si evince dai chiarimenti forniti dall’Amministrazione finan-ziaria, tra cui si segnala la C.M. 3.8.79 n. 25/364495, che la definisce come “ogni attività compresa nell’ordinario campo d’azione dell’impresa e cioè nell’oggetto proprio e istituzionale della stessa, con la sola esclusione di quelle attività che risultino svolte non in via principale, vale a dire come direttamente rivolte al conseguimento delle finalità proprie dell’impresa, ma in via meramente strumentale, accessoria od occa­sionale”.
La prassi ministeriale precisa che rileva l’attività effettivamente svolta, e non i dati formali presenti nell’atto costitutivo.
Giova peraltro sottolineare come, a seguito delle modifiche apportate dalla L. 7.7.2009 n. 88 (legge Comu­nitaria 2008), la base imponibile relativa alle cessioni gratuite di beni ex art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72 sia costituita dal prezzo d’acquisto/di costo, in luogo del valore normale.
Spese di rappresentanza
L’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede l’indetraibilità dell’IVA riferita agli oneri sostenuti per le spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi, salvo che per quella assolta sui beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro.
Di conseguenza, posto che la nozione di spese di rappresentanza prevista dal DM 19.11.2008, attuativo dell’art. 108 co. 2 del TUIR, si estende automaticamente anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’IVA sostenuta per l’acquisto di beni e servizi qualificati come “di rappresentanza” è indetraibile, se si tratta di beni di costo unitario superiore a 25,82 euro, a prescindere dalla deducibilità dei relativi costi dal reddito d’impresa.
La C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2) ha tuttavia chiarito che:
–        gli acquisti di beni destinati a essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza;
–        viceversa, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza.
Al riguardo, non è ancora stato chiarito se la suddetta distinzione trovi ancora applicazione, posto che tale diversità di trattamento non si rinviene nella nuova disciplina di cui al citato DM 19.11.2008.
In attesa degli auspicati chiarimenti ufficiali, il regime IVA dei beni ceduti a titolo di omaggio viene di seguito analizzato sulla base della suddetta distinzione indicata dall’Amministrazione finanziaria.
3.1 Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa
Come sopra indicato, la C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2) ha chiarito che gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costi­tuiscono spese di rappresentanza. Pertanto, l’IVA assolta all’atto dell’acquisto è detraibile, non trovando applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72.
Per la cessione gratuita, ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72, i beni ceduti risultano imponibili IVA indipendentemente dal loro costo (di acquisto o di produzione) unitario. Pertanto, non rileva se gli stessi presentano un costo inferiore, pari o superiore a 25,82 euro.
3.1.1 Prezzo di acquisto o di costo
L’art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72 stabiliva che, per le cessioni in esame, la base imponibile era costituita dal “valore normale”, così come definito dal successivo art. 14 co. 3 (“prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari …”).
A seguito delle modifiche apportate dalla citata L. 7.7.2009 n. 88 (Comunitaria 2008), a partire dal 27.9.2009, l’art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72 assume come base imponibile delle operazioni gratuite, da determinare nel momento in cui si effettuano le operazioni in esame:
–        il prezzo di acquisto dei beni (o di beni simili);
–        ovvero, in mancanza, il prezzo di costo.
3.1.2 Documentazione per la cessione
L’art. 18 co. 3 del DPR 633/72 dispone che la rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni gratuite di cui all’art. 2 co. 2 n. 4.
In assenza di rivalsa, l’operazione può essere certificata, secono la la C.M. 27.4.73 n. 32/501388 alternativamente:
–        emettendo, in un unico esemplare, un’autofattura con l’indicazione del prezzo di acquisto o di pro­du­zione dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta, specificando anche che trattasi di “autofattura per omaggi”. Tale documento, che deve essere annotato sul registro IVA delle ven­dite (di cui all’art. 23 del DPR 633/72), può essere emesso singolarmente per ciascuna ces­sione, ovvero mensilmente per tutte le cessioni effettuate nel mese;
–        annotando, su un apposito “registro degli omaggi”, tenuto a norma dell’art. 39 del DPR 633/72, l’ammontare globale dei prezzi di acquisto o di produzione dei beni ceduti gratuitamente, riferiti alle cessioni effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota.
3.1.3 Indeducibilità dell’IVA non addebitata in rivalsa
L’IVA non addebitata in rivalsa è indeducibile ai fini delle imposte dirette. In questo senso si è espressa la circ. Agenzia delle Entrate 18.6.2001 n. 57 (§ 8.1).
3.1.4 Campioni gratuiti
In base all’art. 2 co. 3 lett. d) del DPR 633/72, sono escluse da IVA le cessioni gratuite di campioni di modico valore appositamente contrassegnati. Secondo la ris. Agenzia delle Entrate 3.4.2003 n. 83, non è soggetta a IVA la cessione di campioni gratuiti di beni, la cui produzione o il cui commercio rientri nell’attività propria dell’impresa, che, unitariamente considerati, siano di modico valore, anche se il valore complessivo della fornitura sia di consistente entità.
Ai sensi dell’art. 19 co. 3 lett. c) del DPR 633/72, è detraibile l’IVA relativa alle operazioni escluse da imposta di cui all’art. 2 co. 3 lett. d).
In pratica, pur trattandosi di cessioni “fuori campo IVA”, il diritto di detrazione resta esercitabile.
Esclusione da IVA – Condizioni
La prassi ministeriale individua le seguenti condizioni di esclusione dal campo di applicazione dell’IVA:
–        i campioni devono essere di modico valore. Al riguardo, occorre fare riferimento agli usi commerciali, restando comunque imponibili i beni di valore significativo; i campioni, inoltre, non de­vono essere necessariamente beni di dimensione o di valore inferiore ai beni commercializzati dal­l’impresa, potendo anche trattarsi di esemplari dei suddetti beni;
–        deve trattarsi di campioni gratuiti, ceduti “per promuovere il bene, al fine di migliorarne la cono­scenza e la diffusione presso gli utilizzatori, attuali e potenziali”;
–        i beni devono essere appositamente contrassegnati in maniera indelebile, “sia per evitare che (…) possano formare successivamente oggetto di commercializzazione, sia per impedire che si possano verificare manovre distorsive della concorrenza”. Il requisito dell’indelebilità della dicitura implica che non è valida la mera apposizione di un adesivo sul prodotto.
3.2 Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa
In base al chiarimento fornito dalla C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2), gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi.
L’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede la detraibilità dell’IVA relativa alle spese di rappre-sentanza sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro.
In base al combinato disposto dell’art. 2 co. 2 n. 4 e dell’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72, si ha che, per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o commercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA.
Ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72, infatti, sono cessioni non soggette ad IVA:
–    le cessioni gratuite di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa di costo unitario non superiore a 25,82 euro;
–    le cessioni di beni per i quali non è stata operata la detrazione dell’imposta.
Poiché l’IVA sulle spese di rappresentanza non è ammessa in detrazione in relazione all’acquisto di beni di costo unitario superiore a 25,82 euro, ai sensi dell’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72, ne deriva che le cessioni gratuite di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa sono escluse da IVA anche se di costo unitario superiore a 25,82 euro, in quanto non è stata operata la detrazione d’imposta.
L’IVA “a monte”, invece, è:
–        detraibile, se il costo d’acquisto unitario del bene non è superiore a 25,82 euro;
–        indetraibile, se il costo d’acquisto unitario del bene è superiore a 25,82 euro.
3.2.1 Confezioni di beni
Se l’omaggio è rappresentato da una confezione di beni, ai fini dell’individuazione del regime IVA appli­cabile, occorre avere riguardo al costo dell’intera confezione, anziché al costo dei singoli beni.
Beni soggetti ad aliquote diverse
L’art. 21 co. 3 del DPR 633/72 stabilisce che, qualora la fattura sia riferita a beni o servizi soggetti ad aliquote diverse, nella stessa occorre indicare distintamente, secondo l’aliquota applicabile:
–        la natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione;
–        il corrispettivo e gli altri dati necessari per determinare la base imponibile;
–        l’aliquota, l’ammontare dell’imposta e dell’imponibile.
La C.M. 24.3.92 n. 19/440105, al fine di evitare che il soggetto passivo riporti in fattura, oltre ai dati di cui sopra, l’elenco analitico di tutti i prodotti inseriti nella confezione distribuita durante le festività natalizie o pasquali, consente di adottare una procedura semplificata, a condizione che venga depositato, presso il competente ufficio delle Entrate (compresa la comunicazione, per conoscenza, al Comando della Guardia di Finanza), l’elenco aggiornato delle confezioni con la specificazione delle aliquote applicabili ai singoli prodotti.
Se tale condizione risulta soddisfatta, la fattura emessa può riportare esclusivamente:
–        il tipo di confezione;
–        il prezzo complessivo;
–        gli importi imponibili alle diverse aliquote;
–        i corrispondenti ammontari dell’IVA;
–        gli estremi dell’avvenuto deposito del suddetto elenco presso l’Ufficio delle Entrate;
–        gli estremi dell’autorizzazione dell’Amministrazione finanziaria che consente all’impresa di non do­ver elencare tutti i singoli beni costituenti la confezione.
3.3 Omaggi ai dipendenti
I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono nemmeno essere qualificati come spese di rappresentanza; di conseguenza:
–        la relativa IVA è indetraibile;
–        la loro cessione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.
Se gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa, spetta la detrazione dell’imposta, mentre la cessione gratuita è imponibile ex art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.
4 Buoni acquisto (voucher)

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, i c.d. “buoni acquisto” ( voucher) sono documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c. e, in quanto tali, irrilevanti ai fini IVA.
Non è, invece, chiaro il trattamento degli stessi ai fini dell’imposizione diretta.
È ormai prassi diffusa concedere omaggi anche sotto forma di “buoni acquisto” (voucher), che consentono l’acquisto di beni/servizi in determinati esercizi commerciali convenzionati, nel limite del valore facciale esposto sul buono.
L’Agenzia delle Entrate, nella ris. 22.2.2011 n. 21, ha esaminato la tematica esclusivamente con riferi­mento alla disciplina IVA, non fornendo alcun chiarimento in relazione al trattamento dei voucher ai fini delle imposte sui redditi.
4.1 trattamento ai fini IVA
Si consideri il caso in cui una società organizzi, per conto delle aziende clienti, un servizio di appalto-somministrazione di beni e/o servizi attraverso l’emissione di voucher utilizzabili esclusivamente presso gli esercizi convenzionati da parte dei soggetti possessori dei buoni. L’operazione si articola in quattro diversi rapporti:
–          rapporto tra società emittente ed esercizi convenzionati, regolato da un contratto di appalto-somministrazione, con il quale l’affiliato si impegna a somministrare i beni e/o servizi all’emittente;
–          rapporto tra società emittente e azienda cliente, caratterizzato dalla cessione dei voucher ad un cor­rispettivo pari al valore nominale, comprensivo dell’IVA;
–          rapporto tra azienda cliente ed utilizzatore, caratterizzato dalla distribuzione gratuita dei voucher ai beneficiari, i quali possono utilizzarli presso la rete degli affiliati;
–          rapporto tra utilizzatori ed affiliati, caratterizzato dalla presentazione dei voucher al fine di ottenere il bene e/o servizio prescelto.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, i voucher non sono qualificabili come titoli rappresentativi di merce, bensì come documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c., che consentono l’identificazione dell’avente diritto all’acquisto di un bene o di un servizio con possibilità di trasferire tale diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione.
La suddetta qualificazione dei voucher come semplici documenti di legittimazione implica l’irrilevanza ai fini IVA dei rapporti tra:
–          società emittente ed esercizi convenzionati;
–          società emittente e azienda cliente;
–          azienda cliente ed utilizzatori.
In tutti e tre i rapporti, infatti, la circolazione dei voucher non perfeziona una cessione di beni o una prestazione di servizi e la corresponsione del relativo valore nominale, laddove previsto, assume carattere di mera movimentazione finanziaria.
È invece soggetto ad IVA il rapporto tra gli esercizi convenzionati e gli utilizzatori dei voucher, anche se il prezzo da essi pagato è, in tutto o in parte, assolto attraverso la consegna dei buoni; di conseguenza, l’eser­cizio commerciale deve emettere lo scontrino fiscale o la fattura assoggettando ad IVA l’intero prez­zo dei beni/servizi, anche se, in tutto o in parte, pagato con buoni acquisto.
4.2 Trattamento ai fini delle imposte dirette
L’Agenzia delle Entrate non ha fornito alcun chiarimento in merito al trattamento dei voucher ai fini del­l’im­posizione diretta.
Ci si chiede, quindi, sia con riferimento ai buoni di importo non superiore ai 50,00 euro, sia con riferi­mento a quelli di importo superiore, se gli stessi siano deducibili in quanto spese di rappresentanza.
Nel caso in cui la qualificazione come semplici documenti di legittimazione, applicata dall’Amministrazione finanziaria ai fini IVA, operasse anche ai fini delle imposte sui redditi, il costo d’acquisto dei voucher sembrerebbe indeducibile, in quanto gli stessi non rientrano nella nozione di spese di rappresentanza fornita dal DM 19.11.2008.
Se il buono, invece, si qualificasse come titolo rappresentativo di un bene, non sembrerebbero sorgere dubbi sulla relativa deducibilità.
Considerata la crescente diffusione della concessione di omaggi sotto forma di buoni acquisto, si auspica un chiarimento ufficiale in merito alla deducibilità degli stessi.

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