Il socio di una società commerciale nella forma della s.r.l., che partecipi personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e che sia anche amministratore della medesima, riscuotendo un apposito compenso, deve essere iscritto (e versare la contribuzione) presso la gestione previdenziale commercianti, per la prima attività, e presso la gestione separata, per la seconda.

Nel giudizio principale XX, amministratrice e socia di una s.r.l., aveva proposto opposizione nei confronti dell’INPS avverso quattro cartelle di pagamento concernenti contributi previdenziali della gestione commercianti, alla quale era stata iscritta d’ufficio dall’Istituto. L’opponente aveva dedotto di essere iscritta alla gestione separata in ragione della propria attività di amministratore unico ed aveva, quindi, eccepito l’illegittimità della duplice iscrizione.

Il Tribunale di Sondrio, in funzione di giudice del lavoro, ha rilevato che, in base alla norma applicabile (art. 1, comma 208, L. n. 662 del 1996), come interpretata dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione (Sent. 12 febbraio 2010, n. 3240), nella specie avrebbe dovuto operare il criterio della “unicità” dell’iscrizione, in considerazione della prevalenza dell’attività lavorativa espletata dall’opponente nella società’ rispetto a quella di amministratrice della stessa. Tuttavia, in virtù dell’art. 12, comma 11, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, della L. 30 luglio 2010, n. 122, norma dichiaratamente interpretativa -e, quindi, retroattiva- la “doppia iscrizione” doveva essere giudicata legittima, perché detta disposizione rende inapplicabile la regola della prevalenza all’attività di lavoro autonomo inerente alla gestione separata.

Posta questa premessa, il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 12, comma 11, deducendone il contrasto con numerosi parametri costituzionali (artt. 3, 24, comma 1, 102, 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 6, par. 1, CEDU).

La decisione della Corte
La Corte costituzionale, con ordinanza 1 marzo 2013, n. 32, ha dichiarato la questione manifestamente infondata.

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